Da molti anni viviamo in una sorta di gigantesco flipper. Intendo dire che gli spostamenti di persone, merci e informazioni sono diventati così facili e veloci che ognuno di noi può andare da una parte all’altra del mondo con la stessa rapidità di una pallina da flipper: la mattina sei a Milano, la sera puoi essere già a New York. E non importa neanche sborsare chissà quali cifre: grazie ai voli low cost, fare il giro del mondo è diventato un obiettivo per tutte le tasche.
Un’ovvia conseguenza di questo fenomeno è la tendenza ad assomigliarci un po’ tutti. Quando le distanze erano incolmabili e gli scambi culturali erano ridotti al minimo, ogni popolo tendeva ad avere degli usi e costumi nettamente diversi l’uno dall’altro; adesso che invece il mondo è diventato un grande villaggio globale, uno spagnolo finisce per fare più o meno le stesse cose di un messicano, con pochissime variazioni.
Eppure anche in questo contesto ci sono dei popoli che riescono a mantenere una loro originalità. Sono quei popoli che hanno un’indole molto conservatrice, e quindi non aderiscono più di tanto a quest’omologazione totale degli stili di vita. Ad esempio, le città del Giappone a livello estetico sono quasi indistinguibili dalle metropoli americane, e quindi ci viene da pensare che anche i giapponesi siano diventati più o meno come noi; in realtà lo hanno fatto solo negli aspetti più superficiali (come appunto la costruzione di grattacieli), ma nell’indole continuano ad essere profondamente diversi.
Ad esempio, noi italiani siamo molto informali: se cominciamo a conoscere qualcuno, non ci sentiamo fuori luogo a porgergli una domanda personale; se qualcuno ci fa un favore, non ci verrebbe mai da fargli un inchino per ringraziarlo; se qualcuno ci porge un biglietto da visita, non penseremmo mai che prenderlo con una mano o con due faccia chissà quale differenza. Per i giapponesi invece queste regole di bon ton sono di un’importanza enorme, e se qualcuno non le osserva non fa una semplice gaffe, ma una vera e propria offesa. Ovviamente potrei fare mille altri esempi, ma questa differenza è una di quelle che balzano subito all’occhio, perché emerge già al momento delle presentazioni.
Proprio perché il Giappone continua ad essere un luogo unico al mondo e con regole tutte sue, gli stranieri fanno una fatica tremenda ad ambientarsi. Se ci vanno per turismo rimangono affascinati da tutte le piccole e grandi differenze che scoprono, ma se ci vanno per restare tendono a sentirsi dei pesci fuor d’acqua, e ad esasperarsi nel rendersi conto che anche per compiere l’azione più semplice devono adattarsi ad un modo di fare totalmente diverso rispetto a quello a cui erano abituati.
Hailey invece si è ambientata brillantemente. All’inizio la sua esuberanza è stata malvista dai compostissimi abitanti di Tokyo, ma con il tempo ha imparato a farsi benvolere, al punto che è riuscita a farsi assumere per un lavoro a contatto con il pubblico. E’ un lavoro un po’ particolare, che in Occidente non esiste: potremmo definirla una chiacchierona a pagamento. In alcuni pub giapponesi infatti gli uomini non vogliono soltanto bere, ma anche avere al proprio fianco una bella donna con cui fare conversazione, e che viene fornita direttamente dal pub in cambio di un sovrapprezzo sulla consumazione: Hailey è carina e la parlantina non le manca, quindi è perfetta per il ruolo.
Ovviamente il suo lavoro non è molto benvisto, perché agli occhi dei giapponesi (ma credo anche degli italiani) è una forma di prostituzione; lei però non si fa di questi problemi, perché in fondo non fa male a nessuno, e la cosa peggiore che può capitarle è di passare un’ora del suo tempo con un cliente noioso o cafone.
Poi una sera capita un cliente diverso dal solito. Non è il solito sfigato che ha bisogno di pagare per ottenere l’attenzione di una bella donna: è un giovane bello e posato, che potrebbe avere gratis tutte le donne che vuole, ma che per qualche motivo si è preso una cotta per Hailey. Ma quando i 2 cominceranno a conoscersi meglio, allora tutte le differenze di cui vi parlavo prima emergeranno con prepotenza, e non sarà facile trovare un punto d’incontro…
Per come ve l’ho descritto, il tema principale di Tokyo a mezzanotte di Mia Another potrebbe sembrare l’amore tra due persone appartenenti a civiltà totalmente diverse. In realtà questo è un tema secondario, perché il vero intento dell’autrice è farci conoscere il Giappone a tutto tondo, svelandoci tanti piccoli e grandi dettagli che si possono cogliere soltanto vivendo lì.
Probabilmente non andrò mai a Tokyo, e continuerò a passare l’Estate in Liguria per il resto dei miei giorni. Ma grazie a questo libro, per qualche giorno ho avuto l’illusione di esserci stato, e di averla conosciuta molto più di tanti turisti che ci sono andati davvero. Per questo motivo, lo consiglio caldamente anche a voi.
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